giovedì 31 maggio 2007

Se vostro figlio non vuole collaborare...

Fategli una proposta che non potrà rifiutare!

[Nessun giocattolo è stato maltrattato per la creazione di questo post]

mercoledì 30 maggio 2007

Digressioni filosofiche...

Cogito ergo sum (Cartesio)
Coito ergo sum (Il pornostar )
Cogito ergo sommo (Il ragioniere)
Rogito ergo sum (Il capitalista)
a=cogito; b=sum; a ergo b; (Il matematico)
if true(cogito) then sum (Il programmatore)
Vomito ergo sum (L'indisposto)
Rosico ergo sum (L'invidioso)
Mojto ergo sum (il barman)
Cogito ergo sum o non sum? (Amleto)
Cogito ergo... ? (L'indeciso)
Cogito ergo sum, sum, sum, sum, sum (Affetto da personalità multipla)

martedì 29 maggio 2007

Ma sono rimasto l'unico a pensare...

Che il mio vicino di casa non voglia ammazzarmi anche se mio figlio fa casino?
Che l'integrazione etnica arricchisce un popolo, non lo indebolisce.
Che le multinazionali indeboliscono l'umanità, non la arricchiscono.
Che la pena di morte sia sbagliata?
Che anche il sushi, il cous cous, il kebap, il fish and chips, la Harira siano buoni e non solo le lasagne?
Che la guerra in Irak sia stato solo un pretesto per rubare il petrolio ad una nazione?
Che come accedde per la guerra in Vietnam, è stata volontariamente innescata da un misero pretesto rivelatosi falso?
Che sia sbagliata come tutte le guerre del mondo?
Che non esiste una religione giusta e una sbagliata, ma solo che gli idioti appartengono a tutte le etnie?
Che solo io abbia il diritto di decidere quando scendere dal mio treno e non un prete?
Che lo Stato debba essere laico e ateo?
Che una canna faccia meno male di un qualsiasi antidolorifico?
Che occorra imparare dai propri errori per non ripeterli?
A ricordarsi la storia che hanno vissuto i miei nonni e i miei genitori?
A tremare quando ricordo il numero tatuato sul braccio di un sopravvissuto?
A pensare che è meglio soffrire un pò tutti per il bene collettivo che continuare a far soffrire solo i deboli per il benessere dei ricchi?
A pensare che il mondo sia ancora un bel posto dove vivere?
Ad insegnare a mio figlio a sorridere e non ad odiare?

venerdì 25 maggio 2007

Amore dopo Amore

Tempo verrà
in cui, con esultanza,
saluterai te stesso arrivato
alla tua porta, nel tuo proprio specchio,
e ognuno sorriderà al benvenuto dell'altro,

e dirà: Siedi qui. Mangia.
Amerai di nuovo lo straniero che era il tuo Io.
Offri vino. Offri pane. Rendi il cuore
a se stesso, allo straniero che ti ha amato

per tutta la tua vita, che hai ignorato
per un altro e che ti sa a memoria.
Dallo scaffale tira giù le lettere d'amore,

le fotografie, le note disperate,
sbuccia via dallo specchio la tua immagine.
Siediti. È festa: la tua vita è in tavola.

[Derek Walcott (Castries, Saint Lucia, 1930) , Mappa del nuovo Mondo]

giovedì 24 maggio 2007

15 anni...

"Odio commemorare i grandi una volta all'anno,
è come se festeggiassi un macabro compleanno...
Preferisco ricordarli sempre."
(Giovanni Falcone)


"E' bello anche morire per le proprie idee...
chi ha il coraggio di sostenere i propri valori muore una volta sola,
chi ha paura muore ogni giorno."
(Paolo Borsellino)

Oggi, 15 anni fa, mi ero alzato presto, prima del solito, per poter ricopiare su un grande cartellone di cartone la frase di Giovanni «Gli uomini passano, le idee restano. Restano le loro tensioni morali e continueranno a camminare sulle gambe di altri uomini.» per appenderlo all'ingresso dell'istituto, affinchè tutti potessero capire cos'era successo ieri.
Esattamente 26 giorni dopo, il 19 giugno 1992, le finestre di casa mia si stavano quasi spaccando sotto l'onda d'urto scaturita dall'esplosione di via D'amelio nella quale la mafia uccise per la seconda volta un grande servitore dello Stato: Paolo Borsellino e gli agenti della loro scorta. Nella quale la mafia uccise per la seconda volta se stessa.
Grazie Giovanni, Grazie Paolo! Li abbiamo presi quei bastardi che via hanno ucciso e adesso stanno nell'unico posto consono ad esseri della loro specie: la galera!
Palermo dorme ancora lenta come ha sempre fatto, la gente continua a salire sul carro dei vincitori come ha sempre fatto. La gente continua a credere che lo Stato sia una grande mammella dalla quale tutti abbiano il diritto di succhiare impunemente il latte e una volta finito quello, passare al sangue. Ma grazie per aver salvato con il Vostro sacrificio una piccola percentuale della mia generazione.

martedì 22 maggio 2007

Aggiornati vecchio!

Al ristorante...
Cameriere - E cosa le porto da bere?
MasterMax - Mah... avete una spuma?
C - No, mi spiace.
MM - Ah... e un chinotto?
C - No... mi spiace.
MM - Una cedrata?
C - No... mi spiace, no!
MM - Uhm... un'aranciata amara?
C - NO, MI SPIACE!... come bibite solo cocacola, fanta o sprite ...
MM - E perché non le tenete?
C - Bhè... sà com'è... a parte qualche raro e anziano cliente ... non le chiede praticamente più nessuno... per cui...
MM - Capisco... allora... acqua gassata e un pò di limone (piuttosto che comprarti quella fottuta lattina mi disseto alla fontana dopo! ...stardo!)

venerdì 18 maggio 2007

L'uomo con la cravatta

Al bar, verso le 10.00...
Cliente - Ah... Max... Alle 15 hai una riunione...
MasterMax - E con chi?
Cliente - Con A, e C...
MM - E perché? Che ho fatto?
Cliente - Niente... eh... eh... vogliono solo conoscerti. Vogliono conoscere la persona che ha creato il prodotto XYZ...
MM - Per picchiarlo?
Cliente - No... eh... eh...
MM - Ah... non ancora... meno male.

Più tardi... verso le 15.00
MM - toc... toc... buongiorno... è questa la sala A?
Uomo Con La Cravatta - Si, si accomodi. Anche lei per la riunione del prodotto XYZ?
MM - Si.
UCLC - Stiamo aspettando A, B, C e il consulente da Milano che l'ha ideato e realizzato.
MM - ehm... sono io il consulente da Milano
UCLC - E' lei ????
MM - Si.
UCLC - Me lo aspettavo diverso...
MM - Ad esempio?
UCLC - Mah... meno... meno... CASUAL!
MM - Cioè?
UCLC - Intendo dire più formale... All'altezza del prodotto che ha realizzato... lei non porta neanche la cravatta!
MM - Perché a differenza di altri, potendo scegliere, preferisco portare il cervello...

martedì 8 maggio 2007

E anche Capitan Harlock salutò la cacca nel vasino.

Capita a volte di vivere una di quelle giornate dove tutto è perfetto, tutto è andato per il verso giusto. La mattina vi siete alzati in orario e di buon umore perché siete riusciti a farvi otto ore di seguito, perché il bambino non si è svegliato neanche una volta durante la notte e perché la sera prima avete scop… fatto l‘amore come non vi capitava da tempo, con performance da attore porno. Anche il vostro alito non sa di bufalo in putrefazione e i reni non vi fanno male. Vi dirigete verso il bagno, accendete la radio e nell’esatto istante in cui il pulsante scatta, sentite il dj annunciare quella canzone che vi piace tanto e che non sentivate da tempo. Iniziate a canticchiarla e sotto la doccia notate piacevolmente che tutti i vostri muscoli si stanno risvegliando all’unisono (nel frattempo avrete sciupato l’equivalente delle riserve idriche del Burkina Faso). Vi dirigete verso lo specchio, annaspando tra il vapore da sauna finlandese che avete generato, e passate una mano sullo specchio per vedere com’è oggi il vostro aspetto. Increduli, vi accorgete che l’impiegato che solitamente vi risiede è scomparso e al posto trovate l’immagine di un figaccione tatuato. Decidete di non farvi la barba, lasciando quell’ombra che fa molto Chuck Norris. Vi pesate, e la bilancia elettronica a precisione atomica di lei vi lampeggia allegra “- 1,873234Kg”.
Minchia?!?!...” iniziate a pensare, sempre più convinti di essere finiti in un episodio de Ai confini della realtà. Se anche così fosse, non volete saperlo e vi dirigete con l’asciugamano avvolto in vita verso la camera da letto, dove lei dome ancora nuda e sensuale avvolta nel lenzuolo quel tanto che basta per lasciare scoperta una coscia, una porzione abbondante di chiappa e la spalla destra. Aprite l’armadio dal quale non prelevate la solita cravatta regimental e la solita camicia azzurra, ma ricercate quella maglia attillata che vostro cognato vi ha regalato per natale accoppiata ad un paio di jeans e alle scarpe da tennis… eccheccazzo...!
Prima di scendere, le date un bacio e lei vi risponde con una voce da 199 “Ciao amore…mghh… a stasera…” lasciandovi intravedere una tetta.
Un po’ barzotto scendete nel box. Spegnete la sigaretta sul pavimento… eccheccazzo! Accendete la moto e vi infilate giubbotto, guanti e casco. La Milano - Meda non è quel solito ingorgo di camion e macchine provenienti da tutta l’Europa solo per farvi fare tardi e velocemente arrivate nel garage del vostro ufficio.
Tutti i colleghi fanno a gara per offrivi il caffè e in più scoprite che il vostro capo oggi è fuori tutto il giorno per una conferenza. Passate ovviamente tutta la giornata a cazzaggiare sul web spaziando dalla visita fugace a tutti i vostri giornali maschili preferiti, all’aggiornamento del vostro blog (dove notate un incremento dei visitatori del 63,74%), alla lettura minuziosa della sezione gossip della Repubblica. Nel frattempo nessuna calamità naturale ha investito la sala server e il vostro telefono è stato muto come un pesce dopo un’operazione alla trachea. Sempre più convinti che da un momento all’altro apparirà la sagoma di Alfred Hitchcock a dirvi “Buonasssera…”, aspettate allegramente le 17:59 con le cuffiette della radio nelle orecchie. Avviate la sequenza “Start - Chiudi Sessione – Arresta il sistema…” del portatile e siete già vestiti di tutto punto pronti per il ritorno serale.
Uscite dal garage su una ruota e prendete la circonvallazione svicolando tra le auto come Mototopo inseguito da Autogatto.
E’ un istante, una frazione di secondo: la mercedes cabrio del solito figlio di papà non rispetta la precedenza sulla rotatoria e sgomma davanti a voi lasciando le fiamme sull’asfalto. Il vostro neurone primordiale si risveglia e impone al dito anulare e mignolo della mano destra di stringere la leva del freno, alla sinistra di chiudersi a pugno mentre il piede destro era già stato avvertito di piegarsi, schiacciando il pedale con tutta la forza del vostro corpo. Il cuore si era fermato già da qualche secondo. Per una fortuita coincidenza avente le stesse probabilità di beccare i sei numeri del superenalotto senza giocare neanche un numero, riuscite ad evitare l’impatto. Accostate per riprendere fiato e per praticarvi un massaggio cardiaco. E’ a quel punto che capite di non essere ancora a letto a dormire e che proprio TUTTO non poteva andare bene. Vi accendete una sigaretta, aspettando che le pulsazioni scendano ad un livello consono per un mammifero bipede. I reni tornano a farvi male, l’alito riprende subito il solito olezzo affumicato, la vostra pancetta inizia a slabbrare la maglia attillata e il cellulare inizia a squillare perché un server si è suicidato impiccandosi con il cavo di rete. Avete ancora davanti agli occhi il film della vostra vita, che avete visto scorrere tutto compresi i titoli di coda e i trailer di altre vite all’inizio dello spettacolo successivo.
Vi siete rivisti uscire dall’utero materno; correre nell studio di vostro padre con una tutina gialla per mettergli a soqquadro la libreria; andare in vacanza dagli zii e tirare una pistola di metallo in testa a vostro fratello (e prenderle come un quarto di bue durante un allenamento di Rocky). Vi siete rivisti guardare Supergulp alla TV (in bianco e nero) e cercare di procurarvi uno sfregio in faccia per somigliare a Capitan Harlock (il vostro riferimento maschile primario). E poi la prima cotta, il primo bacio alla gita della terza media, l’occupazione al liceo. Il mare, gli occhi di lei.
Voi che vi rincitrullulite come Tippete in Bambi. Il militare, voi che con un fucile in mano vi sentite Rambo, convinti di potervi ricucire il braccio con l’ago e il filo di cotone marrone che mamma vi ha messo nel sacco per rammendare i calzini. E poi la partenza, il viaggio a Milano. Voi che per varie ragioni (orologio biologico di lei; voglia di topa e di trovare le camicie stirate vostra) le chiedete di sposarvi.
Poi il lavoro, la carriera, i viaggi aziendali (spesati come uno sceicco arabo). Voi che vi svegliate un giorno a San Francisco e che vi recate a prendere un frappuccino al cocco al bar di quella gnocca hawaiana.
Il vostro cellulare che squilla, lei che vi dice “amò?… Sono io…”
Voi che rispondete “Si… aspetta che ti richiamo…” chiudendo subito perché… eccheccazzo! … mi chiami sul cellulare dal telefono fisso, in AMERICA?? Ma perché non butti i MIEI soldi direttamente nel cesso, così fai prima?.
Voi che componete il numero di casa dal cellulare aziendale… eccheccazzo!
Lei che vi risponde dopo un microsquillo con la voce tremante “Amò? … sei tu?”
Voi che rispondete sarcastico, succhiando il frappuccino dalla cannuccia “No, sono il Papa: avrei la necessità di un pomp…”
Lei che non vi fa finire “Dai.. finiscila di fare lo stronzo… sono seria”.
Il vostro cervello, che si era già spento nel momento in cui avevate premuto il tasto con la cornetta verde, si riaccende di colpo (il solito neurone primordiale dormiente che comanda l’istinto di conservazione).
“Oh cazzo…!” pensate, ma rispondete “Ok, dimmi… che c’è? Tutto a posto?”.
Lei che tergiversa a causa del suo cromosoma XX, dicendovi “sai sono appena tornata dal lavoro… bla bla.. hai fatto acquisti?... bla... strabla…. hai visto per caso vestitini piccoli?”. Il vostro cervello, che non ha ancora ricevuto l’esito della decriptazione, riesce ad articolare solo un “Ehhh?... Bhò?... si… Minchia Alcatraz… uhm…si… Minchia Golden Gate… Credo… perché?... Minchia Go Indians!”.
Lei che finalmente ha pietà di voi e vi dice chiaramente (o quasi) “sai... perché… perché aspettiamo un bambino!” .
Voi che pensate “Oh...Oh… mamma… ”.
Flashback: api, fiori, polline, film porno al militare, vostra cugina incinta (ma che c’entra? Bhò?).
Voi che proferite la solita fatidica domanda per essere assolutamente certi e sicuri di aver capito bene “MA… VUOI DIRE CHE SEI INCINTA?”. Siete un uomo e per giunta un programmatore: capite solo pochi concetti con poche parole base alla volta. Nel frattempo il panico ha già preso il sopravvento tra i vostri neuroni. Alcuni si buttano dai grattacieli come nel crollo della borsa di Wall Street del ’29.
Lei che vi biascica scoppiando a piangere un “… SSSCI!”.
BOOM… il vostro cuore che cadendo, si incastra fra le dita dei piedi.
ARIBOOMBOOM… le vostre palle che cadono pensando al tanga rosso con il filo interdentale che le avete comprato ieri da Victoria’s Secret, spendendo un capitale.
ARIARIBOOM… eccheccazzo! Il frappuccino sui pantaloni.

Non capite perché, ma fiotti di lacrime iniziano a sgorgarvi copiose dagli occhi come nei cartoni giapponesi, la voce si affievolisce e vi ritrovate a piangere al telefono assieme, parlandovi per monosillabi.
“MGhhh…amore…sbghh”
“Sbghh… Si… anch’io… bghhh…”

Per fortuna il vostro neurone primordiale riesce ad immobilizzare il vostro unico neurone finocchio (quello responsabile del vostro lato sensibile, che nella confusione era riuscito ad evadere) richiuderlo nuovamente nello sgabuzzino e a schiacciare il pulsante rosso dell’unità di crisi. Una sirena vi riecheggia nelle orecchie. Aprite gli occhi. Vedete i vostri colleghi americani che vi fissano attoniti con una tazzona di caffè in una mano e un toast al formaggio nell’altra. Cercate di ricomporvi alla meno peggio facendo finta che tutto vada bene. Il più coraggioso si spinge verso di voi e vi accenna un “Are you feel ok?” di cortesia. Fate cenno di si con la testa cercando di disperdere la folla.
Vi sentite euforici, strani, felici, ansiosi, depressi, allegri, in un frullato emotivo alla fragola mai provato.
Nel frattempo i vostri livelli vitali si sono ristabiliti e pensate che sia ora di tornare a casa. Vi infilate il caso e ripartite. Per tutto il tragitto la vostra mente continua il montaggio analogico del film della vostra vita degno della fantozziana corazzata Potëmkin. La rivedete appena incita con le tette enormi, poi arrotondarsi sempre di più, sempre di più fino al momento in cui espelle quel piccolo fagotto urlante che all'inizio non sapevate come gestire e che non accettavate. Il primo pannolino, cambiato solo per dovere. Il primo sorriso (suo), il primo anno insonne (vostro). Lui che vi conquista sempre di più con la sua disarmante risata mentre si infila dentro il vostro trolley, aperto sul letto per prepararvi al prossimo viaggio. Voi che vi sciogliete sempre di più e iniziate a volergli bene, davvero. Arrivate a casa. Aprite la porta. Vostro figlio vi corre incontro gridando ...ppapppà… con le braccia alzate per farsi prendere in braccio. Lei nel frattempo è rientrata nelle più consone vesti di mamma e vi bacia di fretta, mentre è intenta a preparare la cena. I vostri occhi si incrociano, lei vi strizza l’occhio e vi sorride amorevole. Voi le date una pacca sul sedere, schioccandole un altro bacio sul collo. Vi sedete a tavola. Mangiate con una mano tenendo con l’altra vostro figlio, seduto sulla gamba destra: un boccone è per voi, l'altro è per lui. Lei nel frattempo vi parla della sua giornata e voi, stranamente, questa volta l’ascoltate interessati (sul serio, non facendo solo di con la testa come al solito).
Dopo cena, vi ritrovate in bagno a fissare vostro figlio seduto sul vasino mentre sfoglia un vecchio atlante, indicarvi gli animali facendovi ora il verso dell’elefante, ora quello della foca.

Quando eri scapolo e le coppie sposate ti rendevano partecipe con dovizia di particolari circa le deiezioni del proprio pargolo con frasi del tipo “Ma lo sai che mio figlio, l’altra sera, ha fatto 347g. di cacca? Scura, con venature verdi color spinacio e un accenno di pomodoro, tutto da solo!”, tu pensavi “ecchecazzo...! Ha fatto uno stronzo, mica ha confutato le teorie sulla meccanica quantistica!”. Ma adesso è VOSTRO figlio che alzandosi dal vasino, ne controlla incuriosito il fondo.
C’E’ L’HA FATTA! HA PRODOTTO! DA SOLO! PER LA PRIMA VOLTA!
Guardate teneramente Lui, che inizia ad applaudirsi al ritmo di “braooo… braooo...” e alzandovi dal bordo della vasca, cercate di far riprendere la circolazione sanguigna alle vostre chiappe. Voi che chiamate lei per renderla partecipe dell'accaduto. Lei che comincia ad applaudire contenta. Voi che applaudite contenti e sereni come non vi sentivate da tempo. Voi che raccogliete il prezioso scrigno a forma di orsacchiotto blu, e ne scaricate il contenuto nel water, cominciando a salutarlo debitamente insieme al pargolo prima di tirare lo sciacquone.
"taooo... taooo..." esclama contento e soddisfatto Lui, fissando il frutto della sua produzione interna galleggiare nell'acqua.
"ciaooo... ciaoo..." proferite sorridenti voi, corredando il tutto con l'usuale gesto ondulatorio della mano destra.
Posate accanto alla tazza l'innoccente pitale e iniziate a girare la maniglia dello scarico.
E' in quel momento, nell'esatto istante in cui l'acqua del cesso scorre via per dare degna sepoltura marina al simbolo tangibile (ed estremamente odoroso) della prima vera azione adulta di vostro figlio che vi rendete conto, per la vostra prima volta che anche Capitan Harlock… è diventato papà!
--
[NdA] Ogni rifertimento a fatti, persone o situazioni realmente accadute NON è assolutamente casuale. (Anno 32°, Vita IV)
[foto1] Gustav Klimt, Il bacio (1907-1908)

domenica 6 maggio 2007

Microcosmo

Nel film La leggenda del pianista sull'oceano il protagonista, Novecento, vive la sua intera esistenza su una nave da crociera, rifiutandosi sempre di oltrepassare la scaletta. Pur vivendo tra quattro lamiere, la vita gli porge lo stesso l'opportunità di avere un amore, la fama (memorabile il duello all'ultima nota a ritmo di ragtime con il famoso Ferdinand "Jelly Roll" Morton) e persino di continuare la sua stessa vita. Tutto ciò che gli uomini rincorrono per un'intera vita senza mai raggiungerle (e vivendo male per questo) a lui vengono quasi regalate. Lui sa di aver battutto il pianista più bravo al mondo: non occorre che il mondo lo sappia. Lui sa di amare la sua donna: non occorre che lei lo sappia. A lui piace viaggiare, preferisce e continua a preferire sempre il tragitto alla destinazione. E' il suo microcosmo.
Personalmente preferisco scendere ogni tanto: sia per godermi il panorama, sia perché un pò di rischio aiuta a vivere meglio. E se anche non dovessimo riuscire a risalire, pazienza: aspetteremo il prossimo o ricominceremo a costruirlo daccapo.

Come insegna la teoria degli universi paralleli, ogni microcosmo per quanto piccolo possa essere, può rappresentare a sua volta l'universo di altri infiniti microcosmi. Questo è quello che ho creato io, all'interno del mio.

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venerdì 4 maggio 2007

E-mail al pusher

Avevo quasi smesso. Sì, dopo un lungo e sofferto periodo di dipendenza c’ero quasi riuscito.
Ormai mi limitavo solo a delle piccole dosi ma nulla di serio, roba di poca importanza.
Oddio… non che lo volessi davvero, nossignore, ma vivendo sempre di corsa nel trambusto di questa dannata Milano, che da bere non le resta ormai che il fondo della bottiglia, era sempre più difficile trovare il tempo per farmi. Riuscire a ritagliarmi un limbo nel quale rifugiarmi per un pò e farmi in santa pace era divenuto quasi impossibile e poi... lo sai, non mi era mai piaciuto perdere il tempo con qualcosa di stupido: o ci andavo giù pesante o niente.
Avevo cominciato da piccolo, senza rendermene conto, invogliato dai miei genitori: anche loro dipendenti da decenni e tutt’ora incapaci di smettere. Ma come con l'alcool, cominci con una birretta insieme agli amici e finisci a bere vodka da solo alle 7 del mattino, prima di andare in ufficio.
Poi arrivi tu. Mi avvicini come un pusher bastardo avvicina i bambini all'uscita dalla scuola, a tradimento. Non sapevi che avevo smesso, non potevi saperlo, eppure secondo me l’avevi – non so come – intuito.
"Buon compleanno compare." Mi dici consegnandomelo.
Lo scarto. Leggo il titolo “Cattedrale[1], chissà cosa vuol dire.
“Uhm”. Penso “No, questa volta non ci ricasco. Dovrò essere forte. Non voglio ricominciare a leggere. La conoscenza mi ha fatto troppo male. Dostoevskij, Levi, Nietzsche, Joyce, Orwell, Platone, Sant’Agostino, Thomas, Saint-Exupery, Nievo e non so quanti altri… mi ero fatto di tutto e c’ero stato malissimo. Ma adesso avevo detto basta. Non ne volevo più sapere, volevo solo sopravvivere cercando l’effimera felicità dell’ignorante.
"Grazie, fratello!" rispondo per non farti sentire in colpa. Torno a casa e lo mollo dentro il comodino.
Le tue parole continuano a riecheggiarmi nella mente “Comincia dalla fine, mi raccomando!”.
“Mah!”. Che razza di consiglio.
Passano i giorni, i mesi. Lui aspetta paziente in quell'antro buio, sornione, attendendo solo il momento opportuno per assalirmi come un rapace notturno con la propria ignara preda.
Devo partire per Monaco per presenziare ad una pallosissima convencion e fare il solito discorso. Vado e torno nello stesso giorno. La sera prima ripasso il discorso e mi preparo la borsa dei documenti. Apro il cassetto del comodino per prendere gli occhiali da sole. Lui è ancora lì. Lo afferro senza neanche rendermene conto e lo infilo nella borsa.
Ho ceduto.
Corro, senza sosta. Vedo delle facce vuote che in un teutonico inglese cercano di essere affabili parlando di costi, ricavi e tecnologie varie.
Mi ritrovo senza quasi rendermene conto nel lounge della Lufthansa. Sono in anticipo ma non avevo voglia di andare da solo in giro per Monaco vestito come un agente immobiliare. Guardo l’orologio, segna le 16.34. Ho qualche ora, il volo che mi avrebbe finalmente riportato a casa non sarebbe partito che alle 18.45. Sulla carta d'imbarco c'è scritto "Boarding time: 18.15". L’hostess ha fatto un cerchio a penna sull'orario.
Mi tolgo il soprabito, la giacca e mi dirigo verso il buffet. Mi verso un caffè nella tazzona e prendo anche due pasticcini - tanto è tutto gratis - alla faccia della dieta e della povertà!
Vado verso una comodissima poltrona posta di fronte una grande vetrata che dà sulle piste di atterraggio.
Apro la borsa, controllo le brochure che mi hanno consegnato. Nel tirarle fuori, il mio silenzioso compagno di viaggio cade a terra. Lo raccolgo. Lo apro e, ricordandomi delle tue parole, vado alla fine.
Lo divoro, mi divora. Il rapace ha finalmente raggiunto la sua preda.
"Ecco, perfetto! Tanto lavoro per nulla. Che stupido! Che stupido!”
Ricomincio, ma questa volta dall'inizio, quello vero, quello per tutti. Uno dopo l'altro, i racconti si susseguono in un turbine di ambienti, sfondi, normalità.
Sento un annuncio. E' in inglese. "Mr. Zinna is attending on gate zero seven".
"Cazzo! Lo sapevo!".
Raccolgo di fretta le mie cose. Corro verso il gate sette. Naturalmente è dall’altra parte dell’aeroporto.
Consegno la carta d’imbarco ad un angelo biondo che sorridente e per nulla incazzata dice che mi stavano aspettando. Che bello viaggiare in business!
Salgo sull'aereo. Prendo posto al numero 09A. Ripongo soprabito, giacca e borsa nella cappelliera. Mi seggo e nell’allacciare le cinture mi rendo conto che in tutto questo tempo lui è sempre stato saldamente fermo nella mia mano sinistra, con il dito indice ficcato nel mezzo per non perdere il segno.
Continuo.
Sorvoliamo le Alpi, ma io sono dall’altro capo del mondo perso in un piccolo paese della provincia americana al seguito di una venditrice di vitamine, poi a tremare in ospedale per la vita di Scotty. Un sobbalzo mi fa comprendere che siamo arrivati… cazzo!
Ok, mi dico, lo riapro domani.
Vado in ufficio con i mezzi, apposta.
Sono sul tram n.27, da Cadorna a Via Monti.
Quasi a metà del percorso, giro pagina, leggo “Cattedrale”: sono nuovamente all’iniziale fine di ieri.
Alzo gli occhi, guardo il cielo, mi sento bene. Ho capito di non potere fare a meno della mia droga. Pazienza. Vorrà dire che non vivrò mai la felicità dell’ignorante ma potrò solo accontentarmi della serenità dell’incosciente.

Max.

P.S. Grazie.

--
[1] Raymond Carver -" Cathedral" (1981).
[foto] Raymond Carver, Cattedrale, Roma, ed. Minimum Fax, 2002; pp. 231
[N.d.A.] Il racconto si riferisce al mio 28° compleanno (2002), durante la mia terza vita.


Una bella fiaba

Ogni tanto (sempre più raramente) dal mare magnum della discografia mondiale, formato da canzoni unz unz senza testo e da cantanti senza note (più o meno bellocci creati dal marketing ma soprattutto da bravi tecnici), salta fuori una di quelle canzoni old style che sanno dosare sapientemente il ritmo pop rock ad un testo ben fatto. Per intenderci una di quelle che, se ascoltata al mattino sotto la doccia, ti rimane in testa tutto il giorno e continui a canticchiarla senza rendertene conto. E' il caso dei Sunrise Avenue che con On The Way To Wonderland hanno scalato in poche settimane i vertici delle classifiche europee e mondiali. Il gruppo proviene nuovamente da quel teatro di talenti che, dopo la Gran Bretagna, è la penisola scandinava (i quattro componenti sono finlandesi) che in passato ha donato alla storia della musica gruppi storici come gli ABBA, i Roxette, gli Europe.
Tra i 15 brani che compongono l'album, Fairytale Gone Bad rappresenta a mio parere la componente più pregiata. Vi riporto il testo affinchè possiate apprezzarne appieno le parole. La clip del video è disponibile ovviamente sul tubone (Qui).

Fairytale Gone Bad
Music: Samu Haber, Jukka Backlund

Lyrics: Samu Haber

This is the end you know
Lady, the plans we had went all wrong
We ain’t nothing but fight and shout and tears

We got to a point I can’t stand
I’ve had it to the limit; I can’t be your man
I ain’t more than a minute away from walking
We can’t cry the pain away
We can’t find a need to stay
I slowly realized there’s nothing on our side

Out of my life, Out of my mind
Out of the tears we can’t deny
We need to swallow all our pride
And leave this mess behind
Out of my head, Out of my bed
Out of the dreams we had, they’re bad
Tell them it’s me who made you sad
Tell them the fairytale gone bad

Another night and I bleed
They all make mistakes and so did we
But we did something we can never turn back right

Find a new one to fool
Leave and don’t look back. I won’t follow
We have nothing left. It’s the end of our time

We can’t cry the pain away
We can’t find a need to stay
There’s no more rabbits in my hat to make things right

Out of my life, Out of my mind
Out of the tears we can’t deny
We need to swallow all our pride
And leave this mess behind
Out of my head, Out of my bed
Out of the dreams we had, they’re bad
Tell them it’s me who made you sad
Tell them the fairytale gone bad
Tell 'em the fairytale gone bad