sabato 11 aprile 2009

Il castello di carte

Ore 7.10 il cellulare sul comodino inizia a fischiettare twisted nerve, quella dell'infermiera di Kill Bill 1. Il dito automaticamente schiaccia il tasto posponi. Altri 5 minuti. Sono cintura nera dei 5 minuti.
Ore 7.20, altro fischietto, altri 5 minuti.
Ore 7.25, l'odiosa musica riprende a martellare i miei sensi di colpa: è ora di alzarsi.
Bagno.
Apro l'acqua della doccia per ottimizzare i tempi mentre espleto le funzioni fisiologiche.
Accendo la radio.
Entro nel box doccia.
Silenzio, solo il rumore dell'acqua che picchietta sui vetri.
Una nuovola di fumo avvolge tutto l'ambiente, apro la finestra e mi godo per un attimo la fresca aria del mattino mentre i vapori iniziano a defluire via.
Denti, capelli, gel, deodorante.
Due spruzzate di Acqua di Giò.
Scelgo la camicia, i pantaloni.
Giacca o maglia? Sportivo o elegante?
Un bacio alla mia compagna di vita, uno alla piccola peste.
Ore 7.58 mi dirigo verso la macchina assaporando la prima sigaretta della giornata.
Ore 8.02 sono in macchina. Radio 105 per il PBM fino alle 8.30, poi Radio Capital fino alle 9.00 per la rassegna stampa.
9.10 Bar dell'Ambrogina per il caffè e il cornetto con marmellata appena sfornato.
9.20 Giro verso la darsena, arrivo alla solita via, parcheggio.
Ore 9.25 seconda sigaretta nel traggitto posteggio - ufficio.
Ore 9.30 ufficio.

Tutte le mattine, dal lunedì al venerdì, poco importa se sia inverno o primavera, estate o autunno: un susseguirsi sempre uguale di avvenimenti già prestabiliti scandisce il passare dei mesi e senza rendertene conto, ti accorgi che la neve ha ormai lasciato il posto alle margherite, ed il mondo continua ad andare avanti alimentando sempre più la spirale di odio ed intolleranza.
Eppure..., eppure quando senti avvenimenti come quelli occorsi nei giorni scorsi capisci quanto sei fortunato ad avere una casa ancora in piedi, una macchina senza cumuli di macerie per coperta, una famiglia. Capisci quanto è stato bello alzarsi e potersi fare una doccia calda, mettersi vestiti puliti, poter fare quei 30 km che ti separano dal tuo ufficio.
E tutti, come d'incanto, diventano buoni e fanno a gara per donare ed aiutare quelle povere persone rimaste senza nulla. Foto, libri, mobili, giocattoli, ricordi: tutto sepolto dalla polvere. Una polvere costruita ad arte da persone senza scrupoli che qualche anno prima avevano considerato un rischio accettabile mescolare sabbia marina al cemento al solo scopo di aumentare i guadagni. Le stesse persone che oggi, in un clima di buonismo generalizzato, invocano alla fatalità degli eventi e promettono una ricostruzione veloce, come quella degli anni precedenti. Ma la natura, come Dio, non gioca a dadi. La natura avverte sempre circa le sue intenzioni. A volte l'anticipo è di anni, a volte addirittura di secoli. A volte solo di qualche mese. Eppure noi, sempre sordi, continuiamo a non ascoltare e come in passato continuiamo a nasconderci dietro i numeri, le statistiche, le ragioni economiche. Nel frattempo i ghiacciai continuano a sciogliersi, il clima a diventare sempre più instabile e la terra a tremare.
E tu che in fondo sei rimasto un idealista, vorresti essere li a scavare con le mani, come i tuoi genitori hanno fatto prima di te in Irpinia, in Friuli, a Firenze. Vorresti davvero aiutare quelle persone perché la differenza tra te e loro è solo una manciata di chilometri.
I giorni passano e angeli dalle ali sporche si mescolano gli sciacalli, tutto rigorosamente in diretta nel nome dell'audience.
I giorni passano e tu continui a mandare i messaggini con il cellulare, a prometterti che il mese prossimo farai un'altra donazione, perché in fondo ci credi davvero che qualcosa alla fine, arriverà davvero.
Paole ipocrite vengono pronunciate da uomini immolati all'unico vero e unico dio conosciuto dall'essere umano: il potere.
E così altre promesse vengono fatte, altri uomini assicurano fiducia, ricostruzione, vita eterna, tutto nel nome di un Dio che con loro ha poco a che fare.
Si celebrano funerali utili ai vivi per trovare una scusa, per convincersi di aver onorato la morte, di averle dato la dignità che merita. Ma nella morte non vi è alcuna dignità. La dignità è un sentimento che appartiene soltanto alla vita. I morti avrebbero preferito continuare a studiare, ad accudire i figli, a lavorare, ad amare, ad odiare.
Ma l'unico modo di onorare davvero la morte è vivere per continuare ciò che ad altri è stato negato, brutalmente interrotto. Vivere pensando che in fondo, qui, sulla terra, siamo soltanto degli inquilini e se tutto può crollare da un momento all'altro, come un castello di carte, alle 3.32 di un giorno qualsiasi, tanto vale vivere bene, cercando di costruire qualcosa di buono, davvero.

[foto: Bryan Berg www.cardstacker.com]