martedì 10 novembre 2009

La bestemmia, il gatto e i veneti.

Ci sono giorni nei quali sento crescere dalle viscere una irresistibile voglia di bestemmiare e per bestemmiare non intendo l'utilizzo di locuzioni avverbiali quali "perdindirindina" o "poffarbacco", intendo proprio quella serie di volgari improperi rivolti verso quell'entità mistica e sovrannaturale comunemente chiamata Dio o Signore.
La cosa di per se sembra piuttosto facile ma purtroppo per una mente razionale e totalmente annullata dall'alcool e da qualche altra decina di vizi, non lo è.
Analizzando infatti l'etimologia della parola ateo possiamo notare che essa proviene dal greco atheos, ovvero l'unione della lettera α- "senza" e da θεός (theos) "dio", quindi letteralmente un ateo è una persona che ha deciso di non ammettere una entità superiore nella propria vita.
Di fatto razionalmente è la stessa rinuncia ad una qualcosa ad ammetterne implicitamente l'esistenza, perché di contro rinunciare a qualcosa di inestistente risulterebbe un gioco lessicale o una metafora priva di ogni significato; un pò come rinunciare ad un grifone o ad un ippogrifo.
In altri termini un ateo è come quelle persone che decidono di vivere senza macchina: se loro hanno deciso di andare in giro a piedi è proprio perché ammettono l'esistenza delle automobili e per certi versi, le automobili esistono proprio grazie alla loro rinuncia.
Quindi nel mio caso se bestemmiassi in qualità di ateo creerei un paradosso tale per il quale non solo diverrei io stesso il creatore di dio, ma ne dovrei accettare subito dopo l'esistenza per poterne successivamente rinunciare in modo da poterlo così offendere impunemente.
Ora non è tanto il fatto di offendere pesantemente qualcuno di superiore che mi spaventa, quanto il fatto di poter divenire senza volerlo il creatore di Dio, il che per un ateo è una grossa responsabilità e sicuramente per un semplice sfogo non ne vale la pena.
Quindi ora, alla luce di quanto espresso in precedenza, non solo non posso ancora bestemmiare ma non posso neanche più definirmi un ateo, bella sfiga!
Ma ecco che il cappellaio matto che risiede nel mio cervello mi passa di sottobanco una buona carta da giocare: mi definirò agnostico!
Già agnostico... Non ci avevo pensato!
Il termine agnostico deriva dal greco a-gnothein che letteralmente significa "non sapere", indicando cioè quell'atteggiamento concettuale con cui si sospende il giudizio rispetto a un problema poiché non se ne ha (o non se ne può avere) sufficiente conoscenza o sufficienti prove sulle quali basarsi, il che di per se può anche andarmi bene.
Ovverosia: io sono convinto che non esista alcuna entità superiore, però razionalmente la mano sul fuoco non posso metterla perché sulla base dei concetti quantistici per i quali qualcosa esiste se esiste un osservatore esterno che possa certificarlo, per quanto ne sappiamo potremmo anche essere tutti gatti Schrödinger dentro una scatola chiamata universo.
Quindi in definitiva, non avendo sufficienti basi sulle quali affermare l'esistenza di una entità chiamata Dio, non posso bestemmiare neanche in qualità di agnostico.
Vaffanculo, a volte vorrei essere nato in Veneto e ingnorante.