venerdì 4 maggio 2007

E-mail al pusher

Avevo quasi smesso. Sì, dopo un lungo e sofferto periodo di dipendenza c’ero quasi riuscito.
Ormai mi limitavo solo a delle piccole dosi ma nulla di serio, roba di poca importanza.
Oddio… non che lo volessi davvero, nossignore, ma vivendo sempre di corsa nel trambusto di questa dannata Milano, che da bere non le resta ormai che il fondo della bottiglia, era sempre più difficile trovare il tempo per farmi. Riuscire a ritagliarmi un limbo nel quale rifugiarmi per un pò e farmi in santa pace era divenuto quasi impossibile e poi... lo sai, non mi era mai piaciuto perdere il tempo con qualcosa di stupido: o ci andavo giù pesante o niente.
Avevo cominciato da piccolo, senza rendermene conto, invogliato dai miei genitori: anche loro dipendenti da decenni e tutt’ora incapaci di smettere. Ma come con l'alcool, cominci con una birretta insieme agli amici e finisci a bere vodka da solo alle 7 del mattino, prima di andare in ufficio.
Poi arrivi tu. Mi avvicini come un pusher bastardo avvicina i bambini all'uscita dalla scuola, a tradimento. Non sapevi che avevo smesso, non potevi saperlo, eppure secondo me l’avevi – non so come – intuito.
"Buon compleanno compare." Mi dici consegnandomelo.
Lo scarto. Leggo il titolo “Cattedrale[1], chissà cosa vuol dire.
“Uhm”. Penso “No, questa volta non ci ricasco. Dovrò essere forte. Non voglio ricominciare a leggere. La conoscenza mi ha fatto troppo male. Dostoevskij, Levi, Nietzsche, Joyce, Orwell, Platone, Sant’Agostino, Thomas, Saint-Exupery, Nievo e non so quanti altri… mi ero fatto di tutto e c’ero stato malissimo. Ma adesso avevo detto basta. Non ne volevo più sapere, volevo solo sopravvivere cercando l’effimera felicità dell’ignorante.
"Grazie, fratello!" rispondo per non farti sentire in colpa. Torno a casa e lo mollo dentro il comodino.
Le tue parole continuano a riecheggiarmi nella mente “Comincia dalla fine, mi raccomando!”.
“Mah!”. Che razza di consiglio.
Passano i giorni, i mesi. Lui aspetta paziente in quell'antro buio, sornione, attendendo solo il momento opportuno per assalirmi come un rapace notturno con la propria ignara preda.
Devo partire per Monaco per presenziare ad una pallosissima convencion e fare il solito discorso. Vado e torno nello stesso giorno. La sera prima ripasso il discorso e mi preparo la borsa dei documenti. Apro il cassetto del comodino per prendere gli occhiali da sole. Lui è ancora lì. Lo afferro senza neanche rendermene conto e lo infilo nella borsa.
Ho ceduto.
Corro, senza sosta. Vedo delle facce vuote che in un teutonico inglese cercano di essere affabili parlando di costi, ricavi e tecnologie varie.
Mi ritrovo senza quasi rendermene conto nel lounge della Lufthansa. Sono in anticipo ma non avevo voglia di andare da solo in giro per Monaco vestito come un agente immobiliare. Guardo l’orologio, segna le 16.34. Ho qualche ora, il volo che mi avrebbe finalmente riportato a casa non sarebbe partito che alle 18.45. Sulla carta d'imbarco c'è scritto "Boarding time: 18.15". L’hostess ha fatto un cerchio a penna sull'orario.
Mi tolgo il soprabito, la giacca e mi dirigo verso il buffet. Mi verso un caffè nella tazzona e prendo anche due pasticcini - tanto è tutto gratis - alla faccia della dieta e della povertà!
Vado verso una comodissima poltrona posta di fronte una grande vetrata che dà sulle piste di atterraggio.
Apro la borsa, controllo le brochure che mi hanno consegnato. Nel tirarle fuori, il mio silenzioso compagno di viaggio cade a terra. Lo raccolgo. Lo apro e, ricordandomi delle tue parole, vado alla fine.
Lo divoro, mi divora. Il rapace ha finalmente raggiunto la sua preda.
"Ecco, perfetto! Tanto lavoro per nulla. Che stupido! Che stupido!”
Ricomincio, ma questa volta dall'inizio, quello vero, quello per tutti. Uno dopo l'altro, i racconti si susseguono in un turbine di ambienti, sfondi, normalità.
Sento un annuncio. E' in inglese. "Mr. Zinna is attending on gate zero seven".
"Cazzo! Lo sapevo!".
Raccolgo di fretta le mie cose. Corro verso il gate sette. Naturalmente è dall’altra parte dell’aeroporto.
Consegno la carta d’imbarco ad un angelo biondo che sorridente e per nulla incazzata dice che mi stavano aspettando. Che bello viaggiare in business!
Salgo sull'aereo. Prendo posto al numero 09A. Ripongo soprabito, giacca e borsa nella cappelliera. Mi seggo e nell’allacciare le cinture mi rendo conto che in tutto questo tempo lui è sempre stato saldamente fermo nella mia mano sinistra, con il dito indice ficcato nel mezzo per non perdere il segno.
Continuo.
Sorvoliamo le Alpi, ma io sono dall’altro capo del mondo perso in un piccolo paese della provincia americana al seguito di una venditrice di vitamine, poi a tremare in ospedale per la vita di Scotty. Un sobbalzo mi fa comprendere che siamo arrivati… cazzo!
Ok, mi dico, lo riapro domani.
Vado in ufficio con i mezzi, apposta.
Sono sul tram n.27, da Cadorna a Via Monti.
Quasi a metà del percorso, giro pagina, leggo “Cattedrale”: sono nuovamente all’iniziale fine di ieri.
Alzo gli occhi, guardo il cielo, mi sento bene. Ho capito di non potere fare a meno della mia droga. Pazienza. Vorrà dire che non vivrò mai la felicità dell’ignorante ma potrò solo accontentarmi della serenità dell’incosciente.

Max.

P.S. Grazie.

--
[1] Raymond Carver -" Cathedral" (1981).
[foto] Raymond Carver, Cattedrale, Roma, ed. Minimum Fax, 2002; pp. 231
[N.d.A.] Il racconto si riferisce al mio 28° compleanno (2002), durante la mia terza vita.


4 commenti:

Anonimo ha detto...

Ma sai Fratello, in tutta onestà credo che non riceverai molti commenti per i tuoi eccellenti post... c'è troppa gente che si diverte in giro. Oramai tutto va dietro un ebete che ti sorride in televisione consigliandoti di passare al suo gestore telefonico o peggio quello che in cucina segue le appassionate vicende della sua lavastoviglie "aiutandosi con una perla di detersivo" ummmmmm che bello !!! tutto questo si rivolge sicuramente alla stragrande maggioranza degli italianucoli e chi sennò? Del resto per buttare soldi così devono essere sicuri che la gente li ascolti. Comunque vada, meglio così non potremmo sentirci diversi altrimenti. Vuoi un consiglio ? Rifiutala la serenità dell'incosciente... o dell'ignorante(non colui che ignora però) loro non saranno mai diversi. Fabry

MasterMax ha detto...

Carissimo (sei sempre un fiore... ricordi? :D) , quando ho aperto il blog l'ho fatto solo per un mio piacere personale, per avere un diario dei miei deliranti pensieri, accessibile da ogniddove e da tutti coloro che ne possano essere interessati. Onestamente non ci tengo nemmeno ad avere commenti da parte di persone per le quali la vita si misura nella lunghezza dell'auto o nell'ultimo modello di cellulare. Le persone che hai efficacemente descritto tu usano internet solo per il porno (ovvero l'utilizzo base che ne fa la maggior parte della popolazione mondiale) che per quanto interessante possa essere, non è la sola cosa che il web offre. Ma per fortuna che esiste perché ci tiene tali individui fuori dalle palle.
Personalmente ho voglia di confrontarmi con persone per le quali il sorriso di un bambino vale più di un aumento di stipendio e leggere un buon libro vale più di guardare quattro sgallettate alla televisione. La televisione è uno strumento come la lavatrice, la lavastiviglie o il frigorifero: tutti ugualmente utili ma li guardi solo quando ne hai bisogno o ti serve qualcosa, no? Per queste persone i giochi sono molto più facili: la felicità ha un prezzo e tale prezzo è sul cartellino di un bene materiale come una borsa, un paio di scarpe, etc. Sono felici perchè "ignorano" (da cui l'"ignorante del racconto") che la vita può donare altro e che quel vuoto e quel senso di oppressione che la sera li assale non è la peperonata ma è la fame di quel qualcosa che comunemente la gente tende a chiamare anima. L'unico modo per nutrirla è la conoscenza. Ma purtroppo, come tutte le cose, anche la conoscenza ha inizialmente un prezzo: quello di farti incazzare con tutto e con tutti. Per fortuna poi passa (prima o poi :) e la rabbia cede il passo alla ragione. E' a quel punto che stacchi veramente e il senso di oppressione inizia a placarsi. E' quello che forse erroneamente ho chiamato "incoscienza" ovvero la senzazione per la quale dici "sapete che vi dico? Voi fate come vi pare... io scendo qui". Usare le cose per quello che servono e trattare le persone per quello che sono, niente più. Sicuramente un comportamento del genere porta serenita'(esperienza personale ;), ma ne converrai che e' anche un comportamento da incosciente ^__^ ! Un abbraccio!

Anonimo ha detto...

Ben detto, mefrà!


PS: Prego... :P

lei ha detto...

Ho scoperto la lettura molto tardi, ma ora non ne posso fare più a meno. E' una droga, proprio come per te. Non faccio altro che leggere, sempre e ovunque. Ormai persino il capotreno in metropolitana, quando attraversa i vagoni per cambiare verso di guida, si ferma davanti a me e mi prende in giro. Ma tanto non l'ha capito che non lo ascolto: mentre lui parla, io sto ancora immaginando gli ultimi 30 righi della mia pagina sporca di lettere e parole che ho lì sulle gambe.