La doccia nella vecchia fattoria
Durante la settimana, la doccia per me è semplicemente uno dei processi della catena di montaggio che consentono al mio corpo di passare dallo stato di morte apparente che assumo durante il sonno, allo stato di semi incoscienza con la quale mi trascino fumando verso il box auto. Stato che per mia fortuna va via via dissipandosi nel momento in cui infilo il casco e i guanti prima di salire in moto. Il sabato è ovviamente il giorno da dedicare alle faccende da sbrigare: la spesa, le scarpe da comprare alla piccola peste, le bollette da pagare, il salto al Castorama per comprare questo o quello, eccetera, eccetera. Poi, inaspettata arriva lei, la signora di tutti i giorni: la domenica. In quel giorno speciale, la linea di produzione è ferma e per una volta è il cervello a svegliare tutti gli altri organi (e non i reni come accade nel resto della settimana). La mia compagna di vita sa che se c'è una cosa che adoro fare è dormire con la radio accesa e così alle 08:01, quando Lorenzo inizia a reclamare a gran voce la sua colazione al grido di latte! latte! Mamma sveglia! la sento darmi un bacio prima di alzarsi e dirigersi, chiudendo la porta della camera da letto, verso la cucina con il piccolo braveheart al seguito. Io rimango giacente lì, in uno stato di sonno cosciente ad ascoltare musica fino al momento in cui, ormai sazio, decido di rimettere i piedi per terra. Un lungo e rumoroso sbadiglio degno di un orso che si ridesta dal letargo avverte i coinquilini del mio risveglio. Un rapido passaggio dal bagno per consentire al guerriero di tornare nello stato di quiete e quindi dalla cucina, per carpire un bacio dalla splendida donna che già da qualche ora è indaffarata a sistemare i bagordi della sera prima. In attesa che il caffè spanda i suoi aromi per la casa e si palesi magicamente trasportato dalla mia geisha, mi siedo sulla poltrona in pelle nera della mia scrivania, recente acquisto della scuderia, per un rapido sguardo alla blogosfera. Un commento qui, una risata lì e il momento delle abluzioni è finalmente arrivato. Trovo il piccolo uomo nella vasca intento a simulare un motore fuoribordo spernacchiando l'acqua del bagnetto. Una risata, una carezza ed entro nel box doccia dove l'acqua calda questa volta non serve a riattivare le sinapsi, ma solo a coccolare me stesso. La piccola peste intanto canta iaaa, iaaa, ooohh e decido di unirmi volentieri al coro. Così, tra uno shampoo e un'accurata strigliatura di ascelle e pudenda, il bagno viene inondato dagli animali dello zio Tobia: il cavallo, il cane, la mucca e l'asinello da me nominati vengono seguiti dal regolare verso emesso dal piccolo uomo in infusione. Esco, mi avvolgo nel telo da bagno e mi dirigo verso lo specchio per espletare quella biblica condanna che affligge noi uomini: la barba. Sì perché se le donne hanno le loro cose, noi maschietti abbiamo la rasatura. L'unica differenza è che quando abbiamo la peluria incolta per pigrizia o come nel mio caso, semplicemente per recuperare qualche minuto di sonno al mattino, non possiamo addurre scuse da sindrome prerasatura. A volte non so se preferirei avere le mie cose: d'altronde stando alle pubblicità al gentil sesso basta un bell'assorbente alato e via giù con il paracadute prima di accompagnare i figli a scuola. Lorenzo assiste divertito alla scena del mio volto che viene riempito di soffice schiuma bianca dal pennello e quindi al rasoio che asporta via l'odiosa escrescenza tricotica. Poi la crema dopobarba, il gel sui capelli, il deodorante per l'ascella perché va bene essere maschi unti e muscolosi, ma l'ascellazza puzzosa mi sembra eccessiva, e sul mio volto riappare lo sguardo sereno di un tempo.Mi dirigo verso la cucina per preparare il pranzo: oggi vista la fredda giornata una polenta e sugo sembra l'ideale. Mescolo gli aromi alla carne e dopo la sua tostatura nella cipolla, aggiungo un po di buon vino rosso e di quel meraviglioso prodotto del sole siciliano chiamato estratto di pomodoro del quale ogni anno non dimentico mai di portare con me una piccola scorta. Lorenzo mangia in soggiorno davanti i cartoni, noi ci concediamo un tête-à-tête in cucina. Al termine caffè con uno schizzo di sambuca e quindi come un vecchio leone mi adagio sul divano, pronto a concedermi la meritata pennica. Scelgo il programma adatto su sky che non abbia nulla a che fare con l'odiato calcio ovviamente. Trovo un programma sui costruttori di motociclette che mi sembra ideale. La piccola peste è nella sua stanza a giocare. Al mio risveglio un innaturale silenzio avvolge la casa, segno che il guerriero è a riposo. Preparo un tè da sorbire in attesa della ripresa delle ostilità. Mi seggo al computer e scrivo un post su questa domenica che sta lentamente volgendo al termine. Mia moglie è serenamente sdraiata sul divano davanti il televisore: è il suo turno. Se dovessi ricordare un bel giorno credo che quello di oggi entrerebbe di diritto nelle nomination. Ieri io e la mia amante, donna, compagna di vita abbiamo compiuto otto anni di matrimonio. Otto anni che a me sembrano otto giorni dove il tempo è scivolato via come gli orologi di Dalì. Otto anni in cui l'ho vista divenire sempre più bella, più donna. Vorrei che lo stesso copione di oggi andasse in scena più spesso, ma so che non è possibile. L'unica cosa che posso fare è conservarne il ricordo, per sempre.
[Foto]: Persistenza della memoria, Salvator Dalì 1931. Museum of Modern Art New York









