mercoledì 29 dicembre 2010

Time caspule 2010

Visto che il blog è mio e me lo gestisco io, ecco una lista di cose in ordine più o meno sparso fatte quest'anno, a mia futura e ad imperitura memoria.

Lavorato tanto, ma davvero tanto, troppo as usual.
Sopravvissuto al giro di varicella di entrambi le pesti.
Portata la grande peste al Circo per la prima volta.
Fatta amicizia con il mio secondo figlio: certe cose hanno bisogno di tempo per essere metabolizzate, tipo la roba di essere di nuovo padre.
Fatta revisione caldaia e ottenuta certificazione dall'idraulico che l'ha installata dopo solo due anni di tentativi: se rinasco voglio fare l'idraulico.
Il primo giorno di scuola (elementare) di mio figlio Lorenzo e i primi passi di mio figlio Manuele.
Visti Il curioso caso di Benjamin Button, Avatar, The Road e altri non degni di menzione.
Ristrutturata cantina dopo solo quattro anni che mi ripromettevo di farlo, in compenso è venuta davvero bene.
Ho perso 18 kg e sono dimagrito due taglie, dalla 54 alla 50.
Acquistati gli ultimi lampadari e dipinta la parete della camera da letto di un bel rosso lampone dopo solo due anni dalla fine dei lavori: non sono pigro è solo la volontà a mancarmi.
Ritrovato ciò che avrei voluto (dovuto) trovare molti anni fa nel posto più bello che potessi pensare. Meglio tardi che mai.

Bye Bye 2010 and thank you for all.


[Gli umani sono sempre pronti a rimanere impigliati
nelle inutili regole che loro stessi si impongono.]
- Alucard

giovedì 16 dicembre 2010

Divorzi

L'anno scorso ho divorziato non consensualmente dalla realtà.
Il problema sono gli alimenti da versare giornalmente.

giovedì 18 novembre 2010

Sorci & Pecore

Da un recente sondaggio l'Ulivo (ovvero i catto-cannaiol-gay-magistrato-comunisti cattivi) ha superato nel gradimento popolare il PdL (0vvero i catto-fascio-bungabunga-razzisto-leghisti buoni).
Il che mi ricorda tanto quando annunciano la scoperta del mega vaccino per il cancro o altre malattie incurabili: funziona benissimo solo per i topi, gli esseri umani possono continuare tranquillamente a crepare.
Fossimo sorci saremmo sanissimi, peccato siamo solo pecore.

martedì 9 novembre 2010

Una mattina

Il cellulare che vibra, la sveglia sul comodino, il caffè fumante e il panino al latte con la marmellata di frutti di bosco, la doccia, l'eco dei cartoni alla tv, il solito ingorgo sull'autostrada dei condannati che prima di me hanno già effettuato le stesse operazioni che sto per compiere.
Gel, deodorante, profumo.
Camicia, pantaloni, cravatta, medaglietta al collo.
"A stasera..."
Scuola, ingresso, bambini che urlano, madri uguali.
"Mi raccomando, studia e fai tutti i compiti..."
Solite frasi di giorni uguali sotto un cielo grigio.
9 novembre, 20 Ottobre, 12 Gennaio, 37 Melambre, 14 Festante... che differenza fa?
Coda, traffico.
I soliti idioti alla radio che mi strappano un sorriso.
I soliti idioti al governo che mi strappano un vaffa.
I soliti...
Ufficio, caffè, brioche con marmellata.
Pausa pranzo, sette euro e quarantacinque primo e secondo con contorno.
E fuori piove, il cielo è grigio, freddo ed ormai è così dentro di me da esserci affezionato, da essere parte di me.
E in un balzo sono fuori, in un bosco, a vagare senza meta per le foglie e i rami secchi, a contemplare solo il fumo vaporoso che esce dalla bocca per il fiatone. Devo smettere di fumare.
Il pianoforte di Einaudi in sottofondo, Una mattina.
Una mattina, ripeto guardando fuori.
E riprendo a lavorare perché... perché devo, perché contano su di me.
A volte è dura essere me.
A volte, ma per fortuna non sempre.
Solo... una mattina, come tante.

giovedì 21 ottobre 2010

Buonanotte libertà

« Dobbiamo eliminare i sovversivi, per salvare l'Argentina"»
(Jorge Rafael Videla)

«
Prima elimineremo i sovversivi, poi i loro collaboratori, poi i loro simpatizzanti, successivamente quelli che resteranno indifferenti e infine gli indecisi".
»
(Generale Alfred Oscar Saint-Jean, 6 maggio 1977).


La negazione della giustizia, la repressione degli oppositori , l'eliminazione sistematica della liberà di stampa, l'impunibilità per le cariche dello stato sono i primi segnali di un processo che conduce ad un solo ed inequivocabile traguardo: la dittatura.

Occorre attendere che dopo il lodo Alfano, Berlusconi promulghi la Legge del Punto Finale e la successiva Legge di Obbedienza Dovuta per capire che qualcosa non va?
Dobbiamo aspettare di gridare anche noi Nunca más* prima che l'Italia si svegli e capisca l'incubo nel quale è sonnolentemente sprofondato?

*Si calcola che siano più di trentamila i desaparecidos tra il 1976 e il 1983 durante la dittatura militare in Argentina. A questi si devono aggiungere oltre 1.000.000 di esiliati, 9.000 prigionieri politici e 15.000 fucilati per le strade. Nunca más!

giovedì 23 settembre 2010

Anno XXXVI, Vita V

Cosa dire sul numero Trentasei, a parte essere il quadrato del numero 6, a sua volta numero perfetto? Bhè, potremmo ad esempio cominciare con il dire che si tratta di un numero semi-perfetto poiché è uguale alla somma di quasi tutti i suoi divisori; il ché lo fa rientrare altresì nella famiglia dei numeri di Harshad vista la sua divisibilità per la somma dei due numeri che lo compongono.
Trentasei è il numero atomico del kripton (Kr), il numero di tasti neri di un pianoforte e il prefisso internazionale dell'Ungheria.
Il 36° Articolo della Costituzione Italiana recita: "Il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un'esistenza libera e dignitosa" ma come purtroppo sempre più spesso notiamo, non sempre esso viene ad essere rispettato.
Se decideste di fare un viaggio e inseriste le coordinate 36°36'N 36°36'E sul vostro navigatore satellitare, vi ritrovereste in un desolato campo montuoso nei pressi di Karri in Turchia, mentre se foste a Parigi, al 36 de Quai des Orfèvres, lungo la Senna, trovereste la storica sede della polizia della capitale.
Tutte le mamme, a Parigi o in qualsiasi altra parte del mondo, alla trentaseiesima settimana di gestazione sono ormai arrivate al termine del loro cammino e attendono impazienti di conoscere da un momento all'altro la propria creatura.
In questo mio trentaseiesimo anno di età, undicesimo da sposato, sesto da padre, il primo della mia quinta vita, ho visto muovere i primi passi di Manuelito, ho visto varcare per la prima volta la soglia delle elementari al mio piccolo grande uomo, ho visto gli occhi della mia compagna come mai prima d'ora e ho imparato che alcune cose non vanno chieste, ma semplicemente prese.
E mai come adesso, mi ritrovo più giovane di tanti anni fa.
Dimenticavo, se dovesse capitarvi di sognare delle nacchere ('e Ccastagnelle), giocate il 36.


[Per quello che vale, non è mai troppo tardi, o nel mio caso troppo presto, per essere quello che vuoi essere. Non c'è limite di tempo, comincia quando vuoi, puoi cambiare o rimanere come sei, non esiste una regola in questo. Possiamo vivere ogni cosa al meglio o al peggio, spero che tu viva tutto al meglio, spero che tu possa vedere cose sorprendenti, spero che tu possa avere emozioni sempre nuove, spero che tu possa incontrare gente con punti di vista diversi, spero che tu possa essere orgogliosa della tua vita e se ti accorgi di non esserlo, spero che tu trovi la forza di ricominciare da zero.]
Dal film "Il curioso caso di Benjamin Button"


venerdì 9 luglio 2010

Il Galeone (Schiavi)

Siamo la ciurma anemica
d’una galera infame
su cui ratta la morte
miete per lenta fame.

Mai orizzonti limpidi
schiude la nostra aurora
e sulla tolda squallida
urla la scolta ognora.

I nostri dì si involano
fra fetide carene
siam magri smunti schiavi
stretti in ferro catene.

Sorge sul mar la luna
ruotan le stelle in cielo
ma sulle nostre luci
steso è un funereo velo.

Torme di schiavi adusti
chini a gemer sul remo
spezziam queste catene
o chini a remar morremo!

Cos’è gementi schiavi
questo remar remare?
Meglio morir tra i flutti
sul biancheggiar del mare.

Remiam finché la nave
si schianti sui frangenti
alte le rossonere
fra il sibilar dei venti!

E sia pietosa coltrice
l’onda spumosa e ria
ma sorga un dì sui martiri
il sol dell’anarchia.

Su schiavi all’armi all’armi!
L’onda gorgoglia e sale
tuoni baleni e fulmini
sul galeon fatale.

Su schiavi all’armi all’armi!
Pugnam col braccio forte!
Giuriam giuriam giustizia!
O libertà o morte!

Giuriam giuriam giustizia!
O libertà o morte!
(Belgrado Pedrini,anarchico carrarese, 1967)

mercoledì 5 maggio 2010

Avvertenze

Se qualche anonimo benefattore volesse estiguermi il mutuo a mia insaputa sappia che può farlo.
In cambio mi dimetterò subito da ogni incarico dell'associazione "Padri italiani con famiglia a carico che pagano il mutuo con un solo stipendio".
Grazie.

martedì 4 maggio 2010

Ogni giorno


Le mie mani odorano di te e di te ricordano ogni curva, ogni piega del corpo.
Dovessi diventar cieco domani avrei già visto tutto ciò che volevo vedere: i tuoi sorrisi, le tue labbra socchiuse nell'assaporare il piacere di quell'attimo fugace alla tenue luce della candela, tremante, i tuoi occhi.
E i tuoi sospiri, i tuoi silenzi e le parole mai dette riecheggiano nelle mie orecchie.
Se non fossi mia ti chiederei 100, 1000 volte di diventarlo.
Ogni giorno.

(foto: Les loups dans la bergerie, 1960)

venerdì 23 aprile 2010

Reincarnazione

Ho letto che secondo gli indù il top di gamma per le reincarnazioni è la mucca, il che potrà andare bene a Bombay, dove piuttosto che mangiare una mucca si mangiano un sorcio, ma se ti va di sfiga e rinasci nel Texas? Il massimo che può capitarti è finire nell’offerta del giorno di Mc Donald’s o sul barbeque di qualche americano grassoccio il 4 luglio e fanculo a tutte le buone azioni fatte.
L’articolo proseguiva dicendo che, secondo la loro religione, ti passi tipo una decina di vite spaziando dal barbone assoluto, al bottegaio facoltoso o al monaco e se ti capitano sfighe indicibili tipo la peste e la lebbra messe assieme è solo perché in una vita precedente hai mandato a quel paese a qualcuno o hai schiacciato uno scarafaggio o, peggio, ti sei fatto un happy meal che in realtà era Madre Teresa di Calcutta e devi espiare.
Poi se dopo una decina di vite passate a chiedere l’elemosina o a perdere brandelli di carne in giro, decidi di fare il buono e inizi a fare tante di quelle buone azioni che al confronto Ghandi era un essere spietato senza cuore e pure un po’ stronzo, gli dei (non ricordo se quello con la testa di elefante o quella gnocca con tante braccia) ti fanno reincarnare in una mucca.
Che culo.
Altrimenti fai di nuovo il pezzente o al massimo il barbiere e altro giro altra ruota.
Così, dopo una vita spesa ad aiutare il prossimo, se ti va di lusso passi la tua bella vita bovina a brucare erba rancida e a digerire con due stomaci con un tipo che ti smanaccia le mammelle tutti i giorni almeno due volte senza invitarti neanche a cena.
A volte mi domando cosa avrò mai fatto di male nella mia vita precedente – che non ho già fatto anche in questa – per essermi reincarnato in un programmatore.
Ad ogni modo, secondo me l’idea è buona solo che hanno sbagliato premio: il top del top per una reincarnazione è la portinaia.
A parte l’essere tarchiata, di mezz’età, con uno spiccato accento terrone e analfabeta o quasi, non è poi così male.
Ti alzi all’alba e vabè, a quello prima o poi ti ci abitui.
Lavi le scale e i pianerottoli, almeno per i primi tempi giusto per fare bella figura, poi basta mettere fuori il secchio con l’acqua sporca e il mocio vileda per far vedere che lo fai.
Una lucidatina di tanto in tanto ai corrimano, il deodorante in ascensore, il vetril sul bancone e per quella giornata il lavoro fisico è finito e può finalmente cominciare il vero lavoro, quello mentale, perché la portinaia ha come compito primario quello di custodire: tutto.
Il palazzo, i suoi abitanti, le piante dell’atrio, i segreti: di tutti.
Come il famoso cinese in riva al fiume, vede le sue vittime passarle davanti tutti i giorni e lei le osserva, in silenzio, sorniona come un gatto, aspettando solo il momento buono per attaccare.
Il ragionier Agosti del secondo piano ad esempio, che non saluta e non incrocia mai il suo sguardo perché non paga il condominio da due mesi e ha paura di essere svergognato pubblicamente.
E poco importa se l’hanno licenziato due mesi fa e ha due figli da mandare a scuola e una moglie da mantenere: la portinaia ha il dovere di controllare, custodire, gestire e far rispettare l’ordine. E’ il suo mandato la cui investitura le fu data nella notte dei tempi dall’altissimo in persona: l’amministratore.
Ha il potere, per diritto sancito e lo esercita, a suo piacimento.
Vogliamo parlare della Signora Merati? Che se la intende con l’ingegner Fava, con rispetto parlando, quando i rispettivi consorti vanno in fabbrica il primo e in ufficio la seconda?
Puntuale come il postino, alle 10 e 30 dopo aver portato i figli a scuola e preso il caffè con le mamme al bar, la Signora Merati prende l’ascensore fermandosi al terzo piano invece che al primo, “a fare due chiacchere con l’ingegnere, che poverino ha la gamba rotta e sta tutto il giorno solo solo” dice lei. E dopo i soliti urli e strepitii, a mezzogiorno si sente riaprire la porta e loro due parlare sottovoce, rinnovandosi zitti zitti l’appuntamento per la mattina successiva, con la paura che qualcuno possa sentirli. Giusto in tempo per farsi una doccia, andare a riprendere i figli da scuola e preparare il pranzo al povero cornuto che tutte le mattine passa con il collo della camicia logoro, mentre lei va in giro con le scarpe di Prada e gli jeans firmati che “trova sempre all’outlet a prezzo di fabbrica…”.
E la signora Agostina del quinto, l’infermiera, che con quei tacchi alti sveglia sempre il signor Mimmo del piano di sotto che fa la guardia giurata e di giorno deve dormire; la signora Sporta, che è impazzita dopo la morte di suo marito e di notte si ubriaca e mette la radio a tutto volume svegliando i figli della signora Pinna del terzo piano. E gli immigrati del secondo e del sesto, che non danno fastidio a nessuno, ma con gli odori della loro cucina inondano alle sette del mattino la scala che per respirare ci vorrebbero le maschere a gas.
Tutto passa da quel bancone silente, come l’acqua.
E quello che non passa, viene riportato dallo stuolo di mogli, comari e affini che si lamentano della studentessa del settimo che esce con la minigonna più corta della cintura e dei mariti che quando la vedono passare le lasciano in dono gli occhi, sul culo.
Colonnelli fedeli che riportano puntualmente tutto quello che, per un fortuito caso, dovesse essere sfuggito al reportage quotidiano.
E poi la posta ovviamente: la quantità di informazioni che si può trarre dalla posta è incalcolabile.
Il figlio degli Sberna che si fa arrivare le riviste zozze a casa; l’architetto Sasso che non paga le bollette e gli staccano la luce un mese si e un mese no.
La signora Marisa, che invece non ne riceve mai e accusa ogni due giorni la custode, il deus ex machina del palazzo, di nascondergliela gridando e sbattendo le mani sul lindo bancone con il piano in vetro che poi tocca lucidare di nuovo con il vetril.
Chiudi a mezzo giorno, mangi il tuo piatto di pasta. Riposino dall’una alle tre meno un quarto e riapri il portone dalle 15 alle 19, passando il tuo tempo tra Oggi, Gente, Novella 2000 e altre interessanti letture, perché in fondo quel risicato pezzo di mondo all’angolo tra via Maria Maddalena e piazza Indipendenza è troppo piccolo per quel potere che una mucca non avrà mai.
Gli indù non hanno capito niente e io, se rinasco, voglio reincarnarmi in una portinaia.

lunedì 12 aprile 2010

Testate al muro 2.0

Sono un tipo abbastanza pacato. E per pacato intendo che non solo ho, ma anche dimostro una buona dose di serenità da assumere preferibilmente dopo i pasti.
Certo, a volte mi incazzo come un giaguaro storpio e bestemmio in rima baciata così tanto da avere già un posto prenotato in sei o sette gironi infernali, purtuttavia mi ritengo un tipo normalmente sobrio e tranquillo come Sid Vicious e se non sapete chi sia siete pregati di uscire.
Eppure anche per un tipo pacato come me, che non farebbe male ad una mosca ma sgozzerebbe per cinque euro un cucciolo di panda, ci sono alcune cose che mi danno veramente fastidio.
E per fastidio non intendo la sensazione paragonabile al morso di zanzara sul polpaccio nelle serate estive, ma una forma di odio viscerale al cui confronto le crociate cristiane in Cappadocia furono delle goliardiche gite fuori porta, anche se non riesco ad immaginare come possano entrare interi plotoni di crociati sul mio pianerottolo.
Tanto per fare un esempio, odio la carne di agnello e di tutti gli ovini in generale.
Anche solo l'odore può farmi rivedere il panettone del natale '72, il che considerando il fatto di essere nato del '74, vuole dire vomitare gli avanzi della mia vita precedente.
Odio il calcio.
E ancor di più tutti i giornalisti che parlano di calcio. Praticamente dei falliti che da grandi sognavano di scrivere pezzi da premio pulitzer ma che si sono ridotti a parlare di 22 idioti con un Q.I. paragonabile a quello di una gallina con la meningite che si passano una sfera, anche se statisticamente superiori ad Emilio Fede che notoriamente riduce il suo campo descrittivo ad uno solo dei suddetti.
Con tutto il rispetto per le galline diversamente abili.
Odio la chiesa e tutto il fumo che vi ruota attorno. E non parlo di spinelli dietro le sagrestie, ma degli spacciatori di parole che operano all'interno. Ritengo le religioni, qualunque esse siano, mirate all'adorazione di un essere supremo come una perdita di tempo lesiva verso l'intelligenza umana, che ritengo l'unica forza universale che andrebbe coltivata.
Odio i dittatori.
Odio chi si erge a conduttore dei popoli, a moralizzatore delle masse.
Odio chi considera un punto di vista differente come un attacco personale e non come la semplice espressione della libertà umana.

Ho scelto proprio il paese giusto dove vivere.
Ma vaffanculo!

sabato 3 aprile 2010

3 Aprile 2010

Per quello che vale, non è mai troppo tardi, o nel mio caso troppo presto, per essere quello che vuoi essere. Non c'è limite di tempo, comincia quando vuoi, puoi cambiare o rimanere come sei, non esiste una regola in questo. Possiamo vivere ogni cosa al meglio o al peggio, spero che tu viva tutto al meglio, spero che tu possa vedere cose sorprendenti, spero che tu possa avere emozioni sempre nuove, spero che tu possa incontrare gente con punti di vista diversi, spero che tu possa essere orgogliosa della tua vita e se ti accorgi di non esserlo, spero che tu trovi la forza di ricominciare da zero.

Dal film "Il curioso caso di Benjamin Button"
tratto da una short story di
Francis Scott Fitzgerald

mercoledì 31 marzo 2010

Nient'altro che un clown.

Mai come in questo strano e distorto periodo, un libro come 1984 di Orwell mi sembra quantomai la semplice cronaca delle odierne vicissitudini più che un semplice libro di ucrònia.
Come un clown, ogni mattina dipingo il mio volto per cercare di fare del mio meglio sulla pista del circo, tra le bestie feroci, per compiacere il pubblico pagante e cercare di proteggere chi amo dai nuovi e vecchi dittatori.



Noi ti ringraziamo nostro buon Protettore per averci dato
anche oggi la forza di fare il più bello spettacolo del mondo.

Tu che proteggi uomini, animali e baracconi,
tu che rendi i leoni docili come gli uomini
e gli uomini coraggiosi come i leoni,
tu che ogni sera presti agli acrobati le ali degli angeli,
fa' che sulla nostra mensa non venga mai a mancare pane ed applausi.

Noi ti chiediamo protezione, ma se non ne fossimo degni,
se qualche disgrazia dovesse accaderci, fa che avvenga dopo lo spettacolo
e, in ogni caso, ricordati di salvare prima le bestie e i bambini.

Tu che permetti ai nani e ai giganti di essere ugualmente felici,
tu che sei la vera, l'unica rete dei nostri pericolosi esercizi,
fa' che in nessun momento della nostra vita
venga a mancarci una tenda, una pista e un riflettore.

Guardaci dalle unghie delle nostre donne,
ché da quelle delle tigri ci guardiamo noi,
dacci ancora la forza di far ridere gli uomini,
di sopportare serenamante le loro assordanti risate
e lascia pure che essi ci credano felici.

Più ho voglia di piangere e più gli uomini si divertono,
ma non importa, io li perdono, un pò perchè essi non sanno,
un pò per amor Tuo, e un pò perchè hanno pagato il biglietto.

Se le mie buffonate servono ad alleviare le loro pene,
rendi pure questa mia faccia ancora più ridicola,
ma aiutami a portarla in giro con disinvoltura.

C'è tanta gente che si diverte a far piangere l'umanità,
noi dobbiamo soffrire per divertirla;

manda, se puoi, qualcuno su questo mondo capace di far ridere me
come io faccio ridere gli altri.



Principe Antonio de Curtis, in arte Totò.

mercoledì 10 marzo 2010

Polveroni e Polverini

Torneremo un bel giorno in quel di piazzale Loreto,
a festeggiar l'odioso dittatore nuovamente appeso.

Ma fino ad allora, senza corde nè saponi,
continueranno senza sosta a romperci i coglioni!

E quando ormai canuto
ai nipoti spiegherò l'accaduto,
dirò lor senza arroganza: "colpa mia non fù, ma dell'ignoranza!"

lunedì 8 marzo 2010

Che cos'è il genio?

"Che cos'è il genio?" si domandava il Perozzi nel primo atto di Amici Miei, riferendosi allo scherzo del vasino del Necchi.
"È fantasia, intuizione, decisione e velocità di esecuzione" chiosava al termine.
Perché il genio non puoi impararlo, devi averlo dentro, coltivarlo sin da piccolo senza vergognartene mai.
Il genio è quell'istinto che ti consente di risolvere i problemi con una semplice intuizione.
Non è prendere una decisione, ma applicarla con rapidità e fermezza.
Il genio è quello che ti porta a ridere anche e soprattutto quando in una situazione non c'è molto da ridere e in quello, trovare la forza di andare avanti.
Il genio è divertirsi, è ridere della vita più di quanto essa non lo faccia già con noi.
E' rispondere semplicemente "si" alla domanda se fosse quello il cellulare della sig.ra Federica T. quando una inaspettata e sconosciuta chiamata internazionale arriva sul tuo cellulare personale, mentre stai fumando una sigaretta fuori sul cortile. Così', con naturalezza e senza pensarci due volte.
E' quello che ti fa rispondere istintivamente "io sono un suo amico, Federica è sotto la doccia, lei chi è?" alla voce maschile che continua a domandarti chi sei.
Il genio è quello che ti ripaga ascoltando il marito (quello vero) che impreca verso di te e la grandissima messalina della quale tu non conosci nemmeno le fattezze.
E' quello che, non pago di ciò, ti fa andare avanti a rispondere con voce basita di come Federica non ti avesse detto nulla di avere un marito e dei figli (informazioni appena recepite dal malcapitato).
Di averla solo conosciuta qualche giorno prima e di come lei ti avesse mosso tutte quelle avances. Di come lei seppur più grande di te (desumendolo dalla voce non più giovane del marito), sapesse ben compensare la sua età con la sua immensa voglia e spregiudicatezza.
Il genio è quello che fa in modo che tutte le tue supposizioni, in un modo o nell'altro, vadano ad incastrarsi come tessere di un mosaico all'interno della vita delle due ignare vittime e chissà perché non porta il telefonico cornuto a chiedere quelle semplici spiegazioni che avrebbero fatto subito crollare il castello di carte che avevi costruito sul nulla, ma semplicemente a crederci.
Il genio è quello che ti porta a scusarti di averle trombato senza sosta la moglie per due giorni, perché tu non sei un rovina famiglie e non potevi immaginare; che ti porta a chiedere di richiamare fra 10 minuti, giusto il tempo di avere la possibilità di chiarirti con la meretrice sotto la doccia.
Il genio è sentirsi rispondere "certo, che poi tocca a me fare due conti con quella puttana!".
Il genio è chiudere il telefono, spegnere la sigaretta e tornare al lavoro di tutti i giorni con il sorriso sulla faccia, senza il minimo senso di colpa.
Basta poco in fondo per cambiare una vita, ma ancora meno per essere dei grandissimi bastardi.

martedì 23 febbraio 2010

Ostie and chips

Da qualche tempo non ho più la fede.
Intendo quella al dito.
Quella al cervello l'ho tolta verso i 12 anni, nel momento in cui mi resi conto che l'unico motivo per il quale prendevo la comunione era il sapore dell'ostia.
Adoravo quel dolce sapore di grano sciogliersi in bocca.
Avevamo un amico prete all'epoca che aveva una piccola chiesa ricavata all'interno di un garage.
Faceva al massimo 40 coperti o dieci posti auto.
Un giorno scoprii che nell'armadietto della sagrestia aveva una tale scorta di ostie da poterci comunicare due interi concerti degli Europe o in alternativa le prossime quattro generazioni di vecchiette.
D'altronde erano gli anni '80 e gli Europe andavano fortissimo. Le vecchiette un po' meno.
Sgranocchiavo quelle ostie come fossero patatine nell'attesa che iniziasse la messa cosicché al momento della comunione, quando mia nonna mi esortava a prendere l'eucarestia, rispondevo semplicemente "no grazie. Magari se ci fosse una coca...".
Mia nonna pensava fossi un senza Dio. Ero solo sazio e assetato.
Alla fine il nostro amico prete dovette iniziare a comunicare le vecchiette con le chipster.
Smisi.
Mia nonna aveva il colesterolo alto ed era molto religiosa.
Quando le ostie tornarono sull'altare, le vecchiette insorsero in massa lamentandosi del pessimo servizio offerto: aspettavano con ansia anche due olivette e uno spritz.
Ma sto divagando e il divagar m'è dolce in questo mare. Soprattutto a giugno e settembre.
Da qualche tempo non porto più la fede al dito, dicevo, e il numero dei sorrisi femminili nei miei riguardi si è più che triplicato.
Non che la cosa mi dia fastidio anzi, una donna che sorride è uno degli spettacoli più belli che si possa vedere in natura. L'unico problema è che ormai il mio ego è talmente smisurato che ha cominciato a chiedermi gli alimenti e un appartamento in centro.
E dire che ho smesso di metterla solo perché mi dava fastidio e sfilandola in continuazione avevo paura di perderla.
D'altronde se due persone decidono di stare assieme, come me e la mia compagna di vita, non è uno stupido cerchietto di metallo a farli stare assieme.
E' il mutuo.

venerdì 22 gennaio 2010

The butterfly effect

Sono appena uscito da una riunione con degli strani personaggi vestiti in maniera buffa.
Ho detto la stessa cosa anche sabato scorso, quando ho portato mio figlio al circo per la prima volta e io odio essere ripetitivo.
Era un piccolo circo di periferia, di quelli a conduzione familiare nei quali la bigliettaia fa lo spettacolo con le colombe, la ragazzina dei popcorn fa il numero con gli hula op e il clown nei momenti liberi aiuta a liberare il palco.
Non che tutti i circhi di periferia debbano avere per forza gli stessi spettacoli con bigliettaie, colombe, hula op e clown, intendiamoci. Solo il mio, credo.
Per quanto ne so, magari tutti i circhi di periferia si sono riuniti in una specie di sindacato dei circhi di perferia con regole ferree e inderogabili secondo le quali le donne nei circhi di periferia possono fare solo le bigliettaie e gli spettacoli con le colombe e per vendere i pop corn occorrono ragazzine di 14 anni che sappiano far girare hula op.
Se sai fare i pop corn e non sai far girare gli hula op, niente da fare, sei fuori.
Se nasci con la faccia da pirla puoi fare il fachiro.
Non lo saprò mai a meno di non adare a vedere un altro circo di periferia ed avere così la conferma, ma dubito che sputtanerò di nuovo i soldi di mio cognato per comprare i biglietti di ingresso ad un circo di periferia in un altro paese.
Solo grandi città d'ora in poi.
Eppure ci siamo divertiti e per la prima volta ho accarezzato un boa che sapeva di borsetta.
Finora avevo toccato solo vacche che sapevano di scarpe con un boa nella borsetta sotto forma di dildo. Ovviamente per motivi professionali. Il boa del circo aveva dimensioni più ridotte.
Un vecchio ha continuato per tutta la riunione a tossire e sputare nel fazzoletto come un lama, il che è insolito. I lama del circo non hanno sputato neanche una volta.
E puzzavano meno.
Mio nipote è rimasto affascinato dal fachiro.
Un tipo con la faccia conforme alle regole imposte dal sindacato che con due spiedini di marshmallows infuocati prima si è depililato gli avambracci e poi se li è cacciati in gola, il tutto cercando di restare in bilico su una panca posta sopra un cilindro.
Praticamente ciò che faccio ogni giorno. A parte depilarmi gli avambracci.
Per quello solitamente utilizzo un comodo e pratico scoiattolo albino dell'entroterra iraniano.
Al termine della riunione siamo stati tutti concordi sul fatto che la relatrice pur non avevendo colombe a sua disposizione, ci sapeva davvero fare con gli uccelli.
Peccato non ci fossero i pop corn e la ragazzina degli hula op anche se ad essere sincero, personalmente preferisco il fluimucil.

"Questo circo è già pieno in due, non aumentiamo il numero degli squilibrati!"
(Bolt - Un eroe a quattro zampe)

Ok mi sono inventato tutto. Tranne il boa, quello l'ho toccato davvero. Sapeva di stivali.