giovedì 28 giugno 2007

Senza titolo - 1/4

La barretta nera del cursore lampeggiava intermittente, accanto l’unica frase scritta sulla grande pagina bianca: "Io Scendo qui. Grazie di tutto."
Nell’aria la colonna sonora di Nuovo Cinema Paradiso diffusa dalle casse del portatile volteggiava leggera danzando con il grigio fumo della sigaretta, lasciata accesa sul posacenere di ceramica bianca con impresso il marchio in oro dell'Hotel. Nel frattempo una goccia di sangue lasciava la sua scia color vermiglio scivolando lentamente lungo il monitor, parallelamente alla barra di scorrimento, giù fino all’icona dell’orologio. Il fedele servitore tecnologico attendeva paziente vocaboli successivi che non sarebbero mai arrivati. Il riproduttore di mp3 aveva portato a termine la sua esecuzione e nessuna etoile virtuale danzava più con i flutti fumosi di una sigaretta arrivata al filtro come colui che le aveva infuso la vita. L’icona del messanger aveva diligentemente modificato il suo stato in “non al computer”…


Andrea alzò gli occhi dal monitor e fissò il cielo azzurro attraverso i vetri sporchi e opachi della finestra di legno marcio e scrostato posta sopra la sua scrivania di scrittore. L’alba aveva ceduto il posto alla mattina e un timido raggio di sole si era insinuato nella stanza. Spostò leggermente la testa e la pose al centro del fascio di luce. Chiuse gli occhi e si lasciò cullare dal sole. Quando ne fu sazio, dopo aver sollevato i suoi pesanti occhiali sopra la fronte, si allungò sulla poltrona, emise un lungo e liberatorio sbadiglio e si torturò per un po’ le palpebre con i polpastrelli in un movimento ora circolare, ora ondulatorio, per cercare di mandar via la stanchezza di un'altra notte insonne. Attese qualche istante che i puntini luminosi che gli erano comparsi davanti agli occhi scomparissero del tutto e che la luce tornasse a rischiarare i suoi occhi azzurri. Quindi, come in uno scatto d’ira, iniziò a rovistare tra la montagna di fogli stampati, di bollette scadute e di cartacce del McDonalds che incorniciava i lati del portatile, alla ricerca del pacchetto di sigarette. Una volta che ebbe rintracciato il prezioso scrigno, gli cacciò subito dentro l'indice, per sincerarsi della presenza del tesoro. C’era. Lì, nascosta in un angolo. Appiattita alle pareti. Come se non volesse uscire dalla sua tana. Andrea strappò del tutto la carta argentata dal pacchetto di MS morbide e la estrasse dalla sua elsa. La raddrizzò per bene con le dita e la battè un paio di volte sul tavolo per compattarne il contenuto. Accese il fornello della cucina, si abbassò e finalmente assaporò con piacere la prima boccata della mattina. Uscì fuori nel balcone e si appoggiò alla ringhiera con la preziosa amica tra le dita ormai ingiallite, girovagando con lo sguardo per il quartiere, in attesa che l’ispirazione si degnasse di fargli nuovamente visita.
La sua attenzione fu richiamata dall’interno della casa di fronte e dalla massaia in essa contenuta. Aveva i lunghi capelli neri raccolti in una coda di cavallo fermata da un grosso elastico di stoffa arancione. Un vestitino primaverile bianco con dei piccoli fiorellini viola stampati le incorniciava il corpo, lasciandone scoperte le gambe. Stava lavando il pavimento del soggiorno con cura, raddrizzandosi la schiena ogni tanto per riprendere fiato e per spostarsi dalla bocca una piccola ciocca ribelle che, divertita, le si infilava con prepotenza nell’angolo della bocca. Un bambino accanto a lei montava una instabile torre con i mattoncini lego, piangendo e urlando ogni qualvolta la forza di gravità esercitava la sua pressione, danneggiando irrimediabilmente la sua opera. Le tende bianche della camera da letto si gonfiavano e si sgonfiavano, in balia del leggero venticello mattutino. Andrea alla vista di quella scena domestica si voltò di scatto. Chiuse gli occhi e scosse fortemente il capo, per cancellare dalla sua memoria le immagini appena registrate. Tornò a fissare la sigaretta, arrivata ormai a metà della sua esistenza, per cercare di fingere che nulla fosse accaduto. Ma quella scena aveva ormai ripescato dalla sua memoria ricordi soppressi, nascosti a forza dentro l’ipotalamo. Abboccati facilmente a quella invitante esca. Pochi ricordi di una vita mai vissuta che forse avrebbe voluto vivere e tanti, troppi ricordi di una vita vissuta che non avrebbe voluto vivere. Le immagini di quel pigro martedì pomeriggio di cinque mesi prima. Vivide. Come sul telo bianco di un cinema. Si rivide in banca, a Palermo, seduto alla sua scrivania. Rivide la cornice d’argento con la foto di Francesca posta nell’angolo e i moduli bancari ben impilati nella vaschetta di plastica verde. Si rivide chiacchierare con la collega davanti al cancello della banca, mentre fumavano una sigaretta in attesa della riapertura pomeridiana.
Era stato in quell’occasione che Andrea, tra un’operazione di bonifico e una di versamento, aveva sfilato un modulo per la richiesta di contanti dalla vaschetta e quasi senza rendersene conto, aveva iniziato a scrivere sul retro. Quel piccolo paragrafo era uscito fuori dalla sua mano sinistra così, di getto. Come se qualcuno o qualcosa si fosse impadronito di lui, piombando nella sua esistenza come una granata sul tetto di una casa.
Era stato risvegliato solo dall’arrivo del cliente successivo che, dopo averlo fissato per un po’ scrivere senza sosta, ne aveva gentilmente richiamato l’attenzione battendo con il dorso della penna sul bancone.
“Mi scusi…” aveva risposto Andrea rivolto al cliente mentre, cercando di non farsi notare, piegava il foglietto in quattro.
“Sarò da lei tra un attimo…” aveva continuato, mentre infilava al sicuro nella tasca interna della giacca quelle parole.
La giornata era proseguita senza ulteriori interruzioni, ma Andrea sentiva pulsare il foglietto nella tasca. Sentiva che quello era o poteva essere l’inizio di qualcosa. Di una nuova vita. Quello che gli era capitato era stato per lui un dono. Un regalo che non andava sprecato. Fu così che quando usci' dalla banca, dopo aver salutato i colleghi, prese la decisione che avrebbe cambiato per sempre la sua vita come la conosceva allora: avrebbe fatto lo scrittore.
Quella sera tornando a casa, entrò nella cartoleria posta all’angolo della via. Giusto qualche numero prima del suo palazzo. Doveva sancire in qualche modo il nuovo patto.

“Ciao Andrea!” aveva esclamato l’anziano commerciante nel vederlo aprire la porta. Il signor Fausto lo conosceva bene. Lo aveva visto nascere, crescere, diventare un uomo. Aveva sempre ottemperato alle sue richieste che, nel corso degli anni, erano passate dalle gommine profumate, ai quaderni con le righe piccole, ai diari di linus, alle dispense universitarie.
“Buona sera signor Fausto” aveva risposto Andrea.
“Che ti serve questa volta? Altre bustine per i tuoi fumetti?” aveva domandato divertito il signor Fausto, che ben conosceva la sua passione.
“No. Questa volta avrei bisogno di un blocco per gli appunti. Ma non uno di quelli da poco. Uno bello. Uno di quelli che viene la voglia a scriverci su. Poi anche qualche matita e una gomma, per favore” aveva risposto Andrea.
“Ehi… cos’è? Hai deciso di fare lo scrittore? E bravo Andrea!” disse senza pensare il vecchio commerciante mentre, sorridendo, tirava giù dallo scaffale una grossa scatola di cartone.
Andrea a quella battuta si era sentito scoperto, nudo. Come se si sentisse colpevole dell’accusa rivoltagli dal vecchio cartolaio. Come se il vecchio saggio fosse già a conoscenza di ciò che era accaduto solo qualche ora prima e della decisione che ne era scaturita.
“No… ehm… no… ah… devo… solo prendere alcuni appunti…” aveva cercato di sdrammatizzare Andrea con la voce tremante di chi, una volta scoperto, cerca di sviare negando.
“Ecco qui. Mi sono appena arrivati questi. Guarda che belli. Hanno le pagine più spesse… eh… questa bella carta viene da Fabriano e si vede!” si era vantato il venditore.
“Va benissimo questo” aveva risposto Andrea, per cercare di fuggire il prima possibile da quel luogo. “Quanto le devo?”.
“Fanno… aspetta… il blocco, le matite, la gomma… sì… sono 11 euro” aveva distrattamente replicato il signor Fausto. “Facciamo 10… và!”
Andrea aveva pagato senza esitare. Raccolse il pacchetto contenente il materiale acquistato che il vecchio cartolaio aveva provveduto ad avvolgere in un foglio di carta leggera color marrone e, dopo averlo salutato e raccolto i saluti per i suoi genitori, si era incamminato di buon passo verso casa, impaziente di riprendere il discorso interrotto bruscamente nel pomeriggio.

(continua - seconda parte)

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[Immagine] Maurits Cornelis Escher (17 giugno1898 - 27 marzo 1972) - Mani che disegnano (1948)

lunedì 25 giugno 2007

The show must go on

La vita si diverte a giocare a dadi.
Peccato a volte lo faccia con le persone sbagliate.
Ma lo spettacolo deve continuare.
Nel migliore dei modi.
Non ci piegherai stronza puttana!
Vinceremo!

giovedì 14 giugno 2007

Work in progress

Sto lavorando ad un nuovo racconto. E' un pò più lungo dei precedenti. Spero di riuscire a completarlo a breve, sempre se gli impegni lavorativi e non me lo consentiranno.
Pensavo di pubblicarlo a puntate, per raccogliere i vostri commenti man mano.
Solo questo. Torno a lavorare o quantomeno a fare finta.

martedì 12 giugno 2007

Zodiaco e lampadine

Ho ricevuto via e-mail questo piccolo zodiaco. Non so chi l'abbia partorito, ma è geniale!

Quanti Ariete sono necessari per cambiare una lampadina?
Solo uno, però ci vogliono molte lampadine.
Quanti Toro sono necessari per cambiare una lampadina?
Nessuno, al Toro non piace cambiare niente.
Quanti Gemelli sono necessari per cambiare una lampadina?
Due, probabilmente. Aspettano fino al weekend, ma alla fine la lampadina è al centro dell'attenzione, parla francese e dà luce del colore preferito a chi entra nella stanza.

Quanti Cancro sono necessari per cambiare una lampadina?
Solo uno, ma dovrà mettersi in terapia per superare il trauma.
Quanti Leone sono necessari per cambiare una lampadina?
Un Leone non cambia lampadine, al massimo le tiene ferme mentre il mondo gira intorno a lui.
Quanti Vergine sono necessari per cambiare una lampadina?
Vediamo: uno per preparare la lampadina, un altro per prendere nota di quando la lampadina si è fulminata e della data in cui fu acquistata, un altro per decidere di chi è la colpa se la lampadina si è bruciata, dieci per ripulire la casa mentre gli altri cambiano la lampadina.
Quanti Bilancia sono necessari per cambiare una lampadina?
In realtà non saprei... penso che dipenda da quando la lampadina ha smesso di funzionare. Forse uno solo è sufficiente se si tratta di una lampadina qualsiasi, due se la persona non sa dove trovare una lampadina nuova. E quale sarà la migliore? molti dubbi e molte ansie!
Quanti Scorpione ci vogliono per cambiare una lampadina?
E chi può saperlo? Perché volete saperlo? Siete forse della polizia?
Quanti Sagittario sono necessari per cambiare una lampadina?
Il sole brilla, c'è bel tempo, abbiamo tutta la vita davanti e voi vi preoccupate per una stupida lampadina?
Quanti Capricorno sono necessari per cambiare una lampadina?
Nessuno. I Capricorno non cambiano lampadine perchè con una buona e sana chiacchierata la lampadina capirà che è più logico che si cambi da sola.
Quanti Acquario sono necessari per cambiare una lampadina?
Arrivano frotte di Acquario, in competizione per stabilire chi di loro sarà l'unico capace di ridare la luce al mondo.
Quanti Pesci sono necessari per cambiare una lampadina?
Perché, è forse mancata la luce?

venerdì 8 giugno 2007

Mi sono congedato troppo presto!

Certo, magari prima di pianificare un assalto occorrerà verificare se la data non capiti in uno di quei giorni. Il Nostromo oltre alle lenzuola e alle lamette bic, dovrà distribuire anche i tampax. Il barbiere di bordo dovrà imparare ad usare i bigodini. La sera in mensa non si potranno più fare le gare di tennis con i rutti e le brande saranno adornate da graziose tendine rosa al posto dei calendari di Max... MA VOLETE METTERE?!?!?

mercoledì 6 giugno 2007

Pezzi di me...

Come ogni buon palermitano all'estero (o in-continente come si direbbe dalle mie parti) sa bene, esistono solo due modi per placare lo spinno di rosticceria quando ti assale:
a) Recarsi a Malpensa e prendere un aereo che lo riporti in patria. Dire una preghiera in volo per aiutare il pilota a centrare la pista dell'aeroporto. Dirigersi baldanzoso verso il baracchino dell'autonoleggio per affittare una macchina. Aspettare che l'addetto torni dalla pausa caffè. Ritirare la macchina facendo presente che il bozzo sulla carrozzeria c'era già da prima. Imboccare l'autostrada per Palermo. Districarsi nel traffico della circonvallazione. All'altezza del ponte di via Belgio girare per lo stadio, ricordandosi che in città la precedenza non è obbligatoria ma solo a totale discrezione di chi guida l'auto che vi incrocia. Dirigersi verso la statua alla volta del bar Alba, o verso la marina al bar Rosanero, o verso il Malaspina dai fratelli Ganci (o se ce la fate, fare un tour di tutti e tre per assaporarne le differenze). Parcheggiare. Pagare il caffè al parcheggiatore abusivo. Entrare nell'agognato eden gastronomico. Sbutriarsi di pezzi come un maiale.
b) Andare al supermercato abituale vicino la propria residenza, comprare il necessario e farseli da solo.

Ora, se anche voi come me non siete un fotografo ricatta vip osannato da Studio Aperto o un idiota senza arte nè parte convinto che il male si possa agevolmente sconfiggere con una pastiglia per lavatrici, ma siete solo degli onesti impiegati che spendono i loro pochi soldi in mutuo, scarpe per i figli e libri, la prima opzione vi risulterà alquanto onerosa dal punto di vista finanziario. Non vi resta altro che scegliere fieri e allegri la seconda opzione (rimandando lo sfondamento live a quest'estate) perché... dove lo mettete il prio di farli voi?
Ora, come ogni buon palermitano sa bene, la pasta dei pezzi non è la solita rozza pasta per la pizza, ma è la pasta delle briosce. Quella soffice, vellutata e zuccherina pasta avuta in eredità dai francesi. Quindi, volendo fare le cose a regola d'arte (almeno questo!), mi preparo per tempo all'evento: la mia prima preparazione della rosticceria in terra straniera!
Inserisco i termini "impasto rosticceria palermo" su google sperando che qualche anima pia abbia inserito la ricetta dell'impasto sul web. Come tutto ormai, nulla sfugge al grande motore yankee. Trovo tre centinaia e oltre di risulati più o meno attinenti. Inizio a filtrare tutte le minchiate scritte dai vari sedicenti cuochi di origine non panormita. Quando avevo quasi perso le speranze... eccola! EUREKA! Lì. Annegata tra i risultati. Nel post di una connazionale emigrata come me, che benedico. Dice che suo cugino lavora in un grande bar di Palermo. Se sia vero o no, poco importa. L'importante è il risultato. Vedo le foto. Sono convincenti. Dice arancinE e non ArancinI. E' la prova definitiva. E' di Palermo. Copio e incollo la ricetta al volo su un foglio word. Ne invio subito una copia alla stampante aziendale. Ritiro il foglio figurandomi già con le mani sulla spianatoia ad impastare quelle piccole delizie salate. Calzoni, rollò, crostini, ravazzate, pizzette.
Chiamo mia moglie: "Amò... l'ho trovata! La ricetta dei pezzi!".
Lei ovviamente capisce subito di cosa sto parlando e come una bambina in attesa di un regalo mi fà "Allora me li fai? Li facciamo? Daiii!! Siii!!".
In fondo basta poco per essere felici. Sabato o domenica ci provo.
Sono le 18.50. E' l'ora di chiudere.

venerdì 1 giugno 2007

Restart the world...

Ma sì, ricominciamo daccapo.
Crtl+Alt+Canc. Riavvia il sistema.
Ricarichiamo il sistema operativo di questo mondo malato, dove ormai i servizi arrancano sotto il peso dei troppi bug.
Puliamo il sistema dai troppi virus che lo infestano: religione, razzismo, differenze sociali, perbenismo, Vaticano, ipocrisia, burocrazia, studio aperto.
Cancelliamo i database delle caste e del nepotismo.
Cominciamo daccapo.

[foto: MasterMax. Restart The world]